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Il Testalunga. È un mostro capitato non si sa come tra noi abitatori della pianura padana, dove non trova né attenzione né solidarietà. A tentoni, ma in modo forsennato, va alla ricerca della sua origine. "A che mondo appartengo, questo o qualche diverso regno da cui sono rotolato fuori?" Consulta testi: dalla Bibbia, alle fiabe, a Lombroso. Conosce solo scherno. E la dura disciplina della scuola e la punizione della dottrina. Dal regno animale gli viene una sponda, uno scimpanzé d'un circo di passaggio che gli dà appartenenza e amicizia. (E a proposito di bestie, scontando citazioni fin troppo note, ricorderemo Il fiore rosso di Vsjevolod Garscin (Slavia, Torino), e Animali al rogo di Edward Payson Evans (Res Gestae). Ma le cose non vanno per il verso giusto: i suoi "maggiori", intendendo vendicarlo di coloro che l'hanno umiliato, scendono dall'Olimpo (il nostro è pur sempre un semidio, ancorché malriuscito) senza neppure interpellarlo. Sarà un macello. E lui, il Testalunga, niente ne ricava, se non una più dura segregazioni e maggiore orfanezza. Fortuna che quel circo torna nei paraggi... e lo scimpanzé e il Testalunga sono attesi da un avvenire finalmente sereno. Questo e molto altro in un testo ricco di fantasia narrativa, pathos, ironia e umanità.